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Mamma, papà, cos’è la scuola?

Mamma, papà, cos’è la scuola?

Sima Gerber, Ph.D., CCC è Professoressa presso il Dipartimento di Linguistica e Disturbi della Comunicazione al Queens College, CUNY

Il Dr. Gerber è un logopedista specializzato nel trattamento dei bambini nello spettro autistico 

 

Di recente ho incontrato Jane, che ha problemi di sviluppo, e sua madre e suo padre su Zoom per condurre delle sedute di terapia.  Tutte le volte ho visto e ascoltato i loro problemi e mi sono preoccupata di valorizzare e dare degli obiettivi a questi incontri.

Questo particolare momento educativo mi ha ricordato il periodo della ritrattistica in cui i bambini venivano raffigurati come piccoli adulti (vedi Velazquez). Ciò rifletteva una visione sociale secondo cui i bambini erano piccoli adulti. Nel 2020, potremmo inavvertitamente regredire di nuovo verso quell’immagine sbagliata e dimenticare che i bambini sono bambini.

Durante il periodo del COVID gli adulti hanno trasferito in rete (incontri on-line) le loro interazioni interpersonali al fine di preservare il più possibile gli aspetti sociali e relazionali.

Possiamo aspettarci che i bambini piccoli o i bambini con disturbi del neurosviluppo possano fare questo shift mentale con altrettanta facilità?

L’acquisizione di conoscenze da parte del bambino, come descritto da Piaget, esperto dello sviluppo infantile, è una rete di schemi perennemente in via di sviluppo. Questi schemi rappresentano fasi precise di sviluppo in cui il bambino costruisce la propria idea di cosa siano le persone, le cose e gli eventi. Per esempio, all’inizio la parola “papa” viene attribuita a tutti gli uomini, poiché viene generalizzata e associata alla categoria degli uomini adulti. Con il passare del tempo, il bambino acquisisce nuove informazioni relative alla parola “papà” e queste includono la relazione esistente tra i due.  In questo modo lo schema “papà” inizia a coincidere con il senso che gli adulti attribuiscono a questo termine. Analogamente ritengo che per molti ragazzi, soprattutto per quelli giovani o con difficoltà cognitive, sociali, emotive e/o linguistiche, lo schema relativo all’idea di “scuola” abbia una serie di rappresentazioni diverse. Potrebbe includere qualcuna o tutte le idee relative allo svegliarsi, vestirsi, fare colazione, salire sull’autobus, incontrare persone che mi piacciono, appendere il mio zaino, sedermi al posto che reca il mio nome e la mia foto, ed aspettare che la signora Barbara inizi a fare qualcosa. È possibile anche che lo schema possa espandersi sino ad includere il programma giornaliero: la merenda, il pranzo, la ricreazione, la musica e la sequenza di tutte le azioni che caratterizzano ciascuna di queste attività.

 

 

 

Quanto tempo ci vuole per far sì cheun bambino sviluppi uno schema? Per alcuni, che hanno difficoltà di apprendimento, probabilmente ci vorrà un bel po’ di tempo. Anche quando un bambino si muove attraverso le azioni associate al concetto di scuola può andare incontro a momenti di sconforto (Non voglio separarmi da mamma e papà; l’autobus è troppo rumoroso), e il processo relativo alla comprensione di questa nuova esperienza può procedere a piccoli passi. Ora, in un batter d’occhio, a questi stessi bambini è stato chiesto di spostare lo schema “scuola” su un insieme di eventi completamente diverso. Il nuovo schema dal punto di vista del bambino potrebbe essere il seguente: mamma o papà mi mettono al computer, uno dei due siede con me, il mio insegnante o il mio fisioterapista o il terapista occupazionale o il logopedista appare sullo schermo e chiede loro di fare delle cose con me. A volte mamma, che non è una specialista del settore, non sembra capire cosa dovremmo fare e perde la pazienza con me quando mi agito e scappo. Non voglio farlo con mamma o papà… non voglio farlo affatto.  E non sono nemmeno troppo sicura che mamma e papà vogliano farlo. Io sono a casa e “casa” significa giocare con mamma e papà, i miei giocattoli e il mio gatto, mangiare, fare il bagno e andare in bicicletta.

Mentre il virus si annida intorno a noi, nuovi schemi di “scuola” stanno stressando i bambini e i loro genitori in egual misura e inutilmente. Se i bambini in via di sviluppo hanno difficoltà a frequentare, concentrarsi e imparare a causa del mondo irriconoscibile in cui vivono, immaginate bambini le cui risorse non sono così robuste o ben sviluppate.

Forse questo è il tempo giusto per soffermarsi e rivisitare il significato che noi attribuiamo al processo di apprendimento in relazione ad una corretta traiettoria di sviluppo.

 In questo “nuovo”, ma non certo migliore mondo, potremmo riflettere sull’ansia e sulla confusione interna ed esterna che il bambino probabilmente prova. Pensate a come voi, in quanto adulti, state affrontando la situazione. Chiediti: “Cosa sto cercando di capire in questi giorni di pandemia? Probabilmente, come gestire la tua preoccupazione, come avere una giornata il più possibile produttiva, come evitare quelle attività e le persone che ti causano stress, e come mantenere positività in un momento surreale. I bambini non sono immuni da preoccupazioni simili, indipendentemente dalla loro età o dal loro livello di funzionamento. Tenendo presente questo, la domanda diventa: quale tipo di sostegno può dare un adulto per garantire al meglio lo sviluppo del bambino?

 

 

 Sintonizzandosi sullo sviluppo di ogni bambino, si promuove una profonda crescita interiore. Il processo di sviluppo è un’integrazione a livelli sempre più profondi delle nostre capacità umane, compresa la comprensione emotiva di noi stessi e degli altri. In questa situazione si deve trovare un equilibrio tra le due diverse realtà: quella del mondo esterno e quella delle nostre vite private. Questo concetto vale sia per gli adulti che per i bambini ma ovviamente, gli adulti, partono in vantaggio poiché possiedono risorse emotive e capacità di problem solving più avanzate che consentono loro di affrontare al meglio le difficoltà che li circondano.

Quindi, sì, fermiamoci e chiediamoci: “Date le sfide quotidiane che io e mio figlio dobbiamo affrontare, come posso creare l’interazione migliore che ne favorisca la crescita: devo dedicare del tempo ad incoraggiare mio figlio a scrivere le lettere dell’alfabeto o nutrire le nostre interazioni con sensi di sicurezza e comprensione? Si, le attività che riguardano l’apprendimento scolastico hanno sicuramente la loro importanza ma, considerando la situazione attuale, potremmo attribuire alle seconde una priorità poiché assicurano le fondamenta di una corretta crescita emotiva e cognitva.

Come suggerisce David Brooks (2016), per imparare e crescere, i bambini “hanno bisogno di amore in modo da avere un certo senso di identità, una certa fiducia nel proprio valore e un senso di autonomia nel proprio futuro”.  Durante la pandemia, queste parole non potrebbero essere più importanti.

 

 

Il concetto di “scambio” che caratterizza le interazioni tra genitori e bambini nel corso degli ultimi anni ha ricevuto sempre più attenzione in molte discipline, compresa l’istruzione. Tutte quelle interazioni basate sul concetto di sintonizzazione attiva ed empatia dei genitori hanno effetti diretti sulla crescita del bambino e sono importanti quanto, o forse più, dei successi in campo scolastico.

Forse questo diventa il fulcro del “lavoro”, come ho cercato di fare con Jane e i suoi genitori. Nel 2020, mentre chiediamo ai bambini e ai loro genitori di riunirsi per la ‘scuola’ assicuriamoci di costruire un nuovo schema che garantisca un approfondimento del legame genitore-figlio e non una sua frammentazione. Ricordiamoci che i bambini sono bambini, che lo sviluppo procede dall’interno all’esterno e che le relazioni di cura e accudimento gettano le basi per il futuro del bambino. Possiamo quindi lasciare l’apprendimento delle competenze a un altro momento.

 

 

 

 

 

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